
La blockchain è un argomento di attualità. Ci sono seminari in ogni città e tutti noi addetti ai lavori ci siamo interessati all’argomento per capire come potrà essere utilizzata nell’ambito della supply chain.
Le potenzialità sono così ampie da creare un po’ di confusione, meglio quindi spiegarla con un esempio molto semplice.
Immaginiamo di fare un salto indietro nel tempo e di voler trasferire la proprietà di un immobile. Probabilmente ci saremmo ritrovati in compagnia di un messo comunale che, con la sua bella calligrafia, avrebbe accuratamente annotato su un polveroso registro: l’acquirente, il venditore e i dettagli per identificare l’immobile in oggetto. Queste preziose informazioni sarebbero state archiviate col rischio di perderle in un incendio o alluvione, di essere rosicchiate dai topi o di essere manomesse da qualche malintenzionato in grado di accedere all’archivio.
Torniamo ai giorni nostri e vediamo cosa la tecnologia ci mette a disposizione per salvaguardare le nostre informazioni.
Tramite la blockchain, siamo in grado di prendere quel librone polveroso, dividerlo in tanti piccoli pezzi, smaterializzarli e spedirli sul web. Col risultato di poter proteggere le info dai principali fattori di rischio e di negare l’accesso al set di informazioni complete. Infatti, per riprodurre l’intero documento, bisogna attivare diversi operatori (miners), ognuno dei quali recupera una pezzettino dal web e contribuisce al completamento del puzzle per ritornare ad avere una visione completa del nostro documento.
Come sappiamo, la blockchain nasce per le criptovalute. Esistono delle applicazioni più pratiche?
Il gruppo di lavoro del CSCMP sulla blockchain ne ha realizzata una che riporto di seguito:
Quali sono le criticità che affliggono la blockchain?
Ne abbiamo identificate in particolare due:
La prima riguarda le frodi.
Se la blockchain venisse utilizzata per la tracciabilità dei prodotti alimentari, i produttori sarebbero i primi ad avere interesse a che le informazioni trasmesse al consumatore finale fossero corrette e veritiere.
Esempio: Ho prodotto 10 bottiglie e solamente 10 di questo vino pregiato. Nella tenuta in Toscana della cantina X annata 2022. Il compratore, che si reca a fare il suo acquisto in enoteca, avrà la consapevolezza e la soddisfazione di bere qualche cosa di altissima qualità, che presumibilmente avrà pagato profumatamente.
Ma se il produttore in oggetto volesse frodarci e invece di 10 bottiglie di vino pregiato, ne dichiarasse 15 di cui 5 di qualità inferiore, come potremmo tutelarci? Ci sarebbero 5 acquirenti che pagherebbero profumatamente una bottiglia scadente?
Apparentemente si, le informazioni errate inserite all’origine verrebbero riportate sino alla fine.
Con una precisazione: Le informazioni rimangono scritte nero su bianco e in modo indelebile. In qualunque momento si potrebbe risalire all’origine del prodotto e il rischio di essere scoperti sarebbe altissimo. La blockchain disincentiva le frodi e rende la catena di fornitura trasparente e affidabile.
La seconda riguarda il consumo energetico.
Per fare quell’operazione di recupero dei vari pezzetti di informazione dispersi nel web, i miners utilizzano moltissima energia. In tempi come questi, con i costi dell’elettricità alle stelle, potrebbe risultare proibitivo l’uso di questa tecnologia.
Anche in questo caso, bisogna fare delle distinzioni. Per il funzionamento della blockchain è necessario utilizzare sistemi di validazione che inizialmente, per le criptovalute, erano ad alto dispendio energetico. E’ notizia di questi giorni che anche Ethereum (la seconda criptovaluta dopo Bitcoin), ha annunciato un importante aggiornamento del proprio sistema Blockchain per ridurre il suo consumo energetico.
Di sicuro i sistemi con un più alto dispendio di energia, sono anche quelli più sicuri. Nelle applicazioni legate alla supply chain è possibile accettare l’uso di blockchain con protocolli che consumano meno energia ma che garantiscono comunque catene di fornitura trasparenti ed affidabili.
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